Le categorie negli Enti Pubblici

Partecipando ad un bando di concorso, una delle informazioni chiave che ci viene fornita sull’impiego è la categoria professionale: questa può essere A, B, C, D. Ad ognuno di esse corrispondo diverse mansioni, oltre che trattamenti economici differenti.

Queste categorie sono gli equivalenti di quelle che erano qualche anno fa i cosiddetti livelli, esempio VI o VII livello ecc. Queste tipologie sono inoltre il corrispettivo delle pubbliche amministrazioni dei livelli dei Contratti Collettivi Nazionale (CCNL) nel settore privato: la divisione fra le diverse mansioni viene riassunta infatti in diversi livelli.   La categoria A è il primo gradino di un ente pubblico, indica generalmente mansioni senza particolari specializzazioni professionali e che non richiedono titoli di studio particolarmente elevati. Ad esempio, potrebbero essere inquadrati in questa categoria gli addetti a lavori manuali.   La categoria B comprende mansioni più qualificate e solitamente di tipo impiegatizio.   La categoria C nella maggior parte dei casi indica i cosiddetti tecnici, in genere diplomati che hanno un incarico inerente al settore, ad esempio geometri, periti, ecc.   La categoria D solitamente riguarda il personale laureato, quindi i funzionari.   Queste categorie non sono in realtà “contenitori” rigidi, ma schemi flessibili attraverso cui organizzare il lavoro dipendente nelle pubbliche amministrazioni. Possono essere inoltre ulteriormente suddivise al loro interno: ad esempio la categoria D può essere suddivisa in D1, D2, D3, D4, D5 e D6.
  Nella scala gerarchica degli enti, dopo i funzionari di fascia D, si trovano i dirigenti, che hanno un contratto a parte.
 

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