Comprensione di testi 2°- (2 brani) 10 domande

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Domanda 1

Leggere attentamente il seguente brano. Quando nel novembre del 1975 il Marocco invase il Sahara Occidentale, Abba Malainin era solo un bambino. Fuggì dalla guerra a piedi attraverso il deserto, varcando il confine con l’Algeria insieme a decine di migliaia di persone originarie del territorio, i Sahrawi. Qui i profughi costruirono quelli che dovevano essere dei campi provvisori in una delle regioni più inospitali del mondo, il cosiddetto "giardino del diavolo", dove le tempeste di sabbia sono frequenti e le temperature possono superare i 50 gradi. "Non c’era assolutamente niente quando siamo arrivati", racconta Malainin. Oggi nei campi nella provincia algerina di Tindouf vivono ancora 165mila Sahrawi. Altri sono rimasti nel Sahara Occidentale occupato e vivono in uno dei regimi più repressivi del mondo. Altri ancora sono in esilio in Spagna o in Danimarca, come Abba Malainin. Malainin vive in un piccolo appartamento vicino all’aeroporto di Copenaghen e va spesso nei campi profughi dove gran parte della sua famiglia vive ancora in tende e case di mattoni d’argilla con il tetto di lamiera. Per molti aspetti i campi profughi sahrawi sono diversi dagli altri. I Sahrawi sono riusciti a costruire una sorta di stato in mezzo al deserto, la Rasd, che fa parte dell’Unione africana e ha un governo, un parlamento eletto, una costituzione, scuole, ospedali, servizi sociali e un ufficio stampa. Secondo Malainin, i campi sono ben organizzati e i Sahrawi sono i profughi più istruiti del mondo. Circa il 90% della popolazione è alfabetizzata, più della media regionale. Un grande progresso se si pensa che nel 1975 il tasso di alfabetizzazione dei Sahrawi era del 10%. Si tratta però pur sempre di campi profughi, dove spesso mancano l’acqua, il cibo e gli altri beni di prima necessità, con gravi conseguenze sulla salute degli abitanti. La situazione è peggiorata negli ultimi anni, da quando gli aiuti internazionali si sono dimezzati a causa della crisi economica. Abba Malainin sostiene che i Sahrawi potranno tornare nella loro patria solo in seguito a un referendum sullo status del Sahara Occidentale, che le Nazioni Unite promettono da decenni. Ma l’indifferenza del resto del mondo ha reso la guerra una prospettiva accettabile per molti Sahrawi, soprattutto i più giovani. "La comunità internazionale dovrebbe esercitare più pressione sul Marocco per evitare un conflitto che non farebbe bene a nessuno. E i governi e le aziende straniere non dovrebbero fare accordi economici legittimando l’occupazione marocchina e rendendola sostenibile dal punto di vista finanziario", conclude Abba Malainin. (da: Peter Kenworthy, "La lotta dei Sahrawi compie quarant’anni", "Internazionale") Nella conclusione del brano, si riporta un pensiero di Abba Malainin. Il suo auspicio è che: