Prova di ammissione cdl in Scienze dell'Educazione, anno accademico 2023/2024

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Domanda 1

Leggere il brano e rispondere a ogni quesito solo in base alle informazioni contenute (esplicitamente o implicitamente) nel brano e non in base a quanto il candidato eventualmente conosca sull’argomento. Nel 2019, il debito pubblico italiano era superiore di 61,2 punti di Pil rispetto alla media degli altri Paesi Ue (Italia esclusa). Nel 2020, di 67,2 punti di Pil. Secondo alcuni, il passato è passato. La pandemia ha fatto tabula rasa. Adesso che siamo liberi dalla camicia di forza delle regole europee spendiamo e continueremo a spendere. La strada per il rilancio del Paese passerebbe per disavanzi elevati, destinati a sostenere le varie «transizioni» (ecologica, digitale) che ci attendono. A Bruxelles — si pensa — ormai l’aria è cambiata. È proprio così? La sospensione del patto di stabilità e crescita rientra nella logica degli interventi straordinari messi in campo contro la pandemia. Gli storici del futuro si misureranno con i risultati di lungo periodo di questa strategia. Certo è che, nel 2020, i Paesi «ricchi» hanno cercato di contemperare chiusure e «ristori». Per farlo, si sono indebitati: più fragili erano le loro finanze pubbliche e più lo hanno fatto. L’Ue ha risposto alla sfida con una prova di solidarietà della quale gli anglosassoni non la ritenevano capace. Se il nostro Paese è il primo beneficiario dei fondi di Next Generation EU, ha ricordato Mario Draghi nel suo discorso all’Accademia dei Lincei, è perché altri hanno fatto pagare, in tasse, ai loro cittadini quelle risorse che a noi arrivano come «sussidi». È improbabile che le regole fiscali appartengano solo al nostro passato. Per almeno due ragioni. Anzitutto, c’è un tema politico. Il nostro Paese è stato colpito duramente e prima di altri dal virus. Bassa crescita e alto indebitamento sono le comorbidità che hanno portato l’Unione europea ad accordarci aiuti così importanti. Quelle stesse comorbidità sono però in larga misura il frutto di scelte politiche tutte italiane e non necessariamente trovano riscontro altrove. È diverso fare un gesto di solidarietà a vantaggio di chi ha subito un disastro naturale, nel momento in cui l’ha subito, e invece accettare di sostenerne permanentemente il reddito. Gli altri Stati europei hanno condizioni politiche e finanziarie diverse dalle nostre e alcuni di questi hanno mantenuto in ordine i loro conti pubblici. A dispetto di un racconto abbastanza comune in Italia, non si tratta di Paesi particolarmente «liberisti»: la spesa pubblica nella frugale Olanda era il 48% del Pil, prima del Covid, in Germania era attorno al 45%. Sono Paesi che hanno sicuramente delle leadership «europeiste». Ma perché queste ultime dovrebbero scegliere di continuare a tassare i loro cittadini, per sostenere il bilancio italiano? Ciò non ha a che fare con la distinzione destra/sinistra all’interno di quei Paesi, non si tratta di preoccupazioni che riguardano esclusivamente gli ambienti del Partito popolare europeo. È possibile, per esempio, che una vittoria dei Verdi in Germania possa portare a un aumento della spesa pubblica in quel Paese. È improbabile però che vogliano spendere per la «transizione ecologica» al di fuori anziché all’interno dei loro confini. da “Il Corriere della Sera” del 6/7/2021. - Secondo l’autore del Brano 1: